L’uomo del riNascimento

IL RAPPORTO VIRTU' - FORTUNA

(Attivita con il condizionale)

 

 

 

<- Niccolò Machiavelli, dettaglio di un dipinto di Santi di Tito

 

 

Vocabolario preliminare

Imparate bene questi nuovi vocaboli prima di completare le attività. Potete anche aggiungere in questa tabella altre parole che avete imparato.

agire (v.)

act

mutare

to change

approfittarne (v.)

to take advantage of it

previsione

prediction

arbitrare (v.)

to arbitrare

ripari

remedies

argini

embankment / bank

rovescio

upside down

capriccioso

whimsical

volontà

will(power)

contrapporsi

to oppose

volto

face

fronteggiare

to face

 

 

 

 

I.     Domande con l’uso del vocabolario. Rispondete alle seguenti domande con frasi complete ed elaborate.

1.      Quali problemi, difficoltà di solito incontri e come le fronteggi?

2.      Di solito sei una persona capricciosa?

3.      Quando hai qualche ora libera, cosa approfitti di fare?

4.      Cerchi di fare previsioni sul tuo futuro?

5.      Se causi un problema ad un amico, cerchi dei ripari? Hai un esempio?

 

Il concetto della Fortuna, già visto negli autori del 1300, lo ritroviamo in Machiavelli (1469-1527) che è consapevole che l'uomo, nel suo agire, ha precisi limiti, deve fare i conti con una serie di fattori a lui esterni che non dipendono dalla sua volontà. Questi limiti assumono il volto capriccioso e incostante della Fortuna.  Questomodo di pensare è il frutto di una concezione laica[1] che porta in primo piano il combinarsi di forze puramente casuali, accidentali, svincolate da ogni finalità trascendente.

Dalla tradizione umanistica Machiavelli eredita la convinzione che l'uomo può fronteggiare vittoriosamente la Fortuna. Egli ritiene che la Fortuna sia arbitra solo della metà delle cose umane, e lasci regolare l'altra metà agli uomini. Ci sono per Machiavelli vari modi in cui l'uomo può contrapporsi alla Fortuna. Per esempio essa può costituire l'occasione del suo agire, la "materia" su cui l’uomo intelligente può imprimere la "forma" da lui voluta.

 

L’uomo NELLA POLITICA

 

Per un uomo che opera nella politica la virtù e l'occasione sono indivisibili: le doti del politico restano puramente potenziali se egli non trova l'occasione adatta per affermarle, e viceversa l'occasione resta pura potenzialità se un politico "virtuoso" non sa approfittarne.  Inoltre la virtù umana si impone alla fortuna attraverso la capacità di previsione, il calcolo accorto. Nei momenti quieti l'abile politico deve prevedere i futuri rovesci, e predisporre i necessari ripari, come si costruiscono gli argini per contenere i fiumi in piena. Si fronteggiano così, nel pensiero di Machiavelli, due forze gigantesche, la Fortuna incostante, volubile, e la virtù umana, che è in grado di contrastarla, imbrigliarla, impedirle di far danno, piegarla ai propri fini.

 

La virtù dell’uomo politico di cui parla Machiavelli è quindi un complesso di varie qualità:

-          la perfetta conoscenza delle leggi generali dell'agire politico, ricavate sia dall'esperienza diretta sia dalla storia passata;

-         la capacità di applicare queste leggi ai casi concreti e particolari, prevedendo i comportamenti degli avversari e gli sviluppi delle situaziuoni, il mutare dei rapporti di forza, l'incidenza degli interessi dei singoli;

-         la decisione, l'energia, il coraggio nel mettere in pratica ciò che si è disegnato.

-         il "riscontrarsi" con i tempi, cioè la capacità nell'adattare il proprio comportamento alle varie esigenze oggettive che si presentano, alle varie situazioni, ai vari contesti in cui si è obbligati ad operare.

 

La virtù del politico è quindi una sintesi di doti intellettuali e pratiche, che conferma che, nel pensiero di Machiavelli, teoria e pratica non vanno mai disgiunte.

 

http://it.dada.net/freeweb/filo3000/index007.htm#n39

II.       Domande di comprensione. Rispondete alle seguenti domande con frasi complete ed elaborate.

1.      Secondo te quali sono i limiti dell’uomo di cui parla Machiavelli?

2.      Che ruolo ha la Fortuna secondo Machiavelli?

3.      Che cosa può fare l’uomo per fronteggiare la Fortuna?

4.      Perché secondo Machiavelli virtù e occasione sono indivisibili?

5.      Perché la capacità di previsione è molto importante per un politico?

6.      Spiega a tue parole una delle virtù elencate da Machiavelli.

7.      Sei d’accordo con Machiavelli?

8.      Ci sono (stati) esempi di uomini politici come quello descrito da Machiavelli?

 

III.          Immagina di essere in politica e scrivi un paragrafo usando il condizionale semplice e spiegando quello che faresti, cosa cambieresti. Puoi anche fare questa attività in gruppo in modo orale.

 


IL PRINCIPE

di Nicolò Machiavelli

 

Vocabolario preliminare

Imparate bene questi nuovi vocaboli prima di completare le attività. Potete anche aggiungere in questa tabella altre parole che avete imparato.

armi

weapons

milizie (f.pl.)

army

debolezza

weakness

mirano (v. mirare)

to aim

fede

faith

principato

principality

fiume

river

volpe

fox

leone

lion

 

 

in piena

in flood

 

 

malvagi

wicked

 

 

 

 

Il Principe (1513) è una breve opera, scritta in forma concisa ma densa di pensiero. Si articola in 26 capitoli ed è diviso in diverse sezioni:

 

-      I capitoli I - XI esaminano i vari tipi di principato e mirano a individuare i mezzi che consentirebbero di conquistarlo e di mantenerlo, conferendogli forza e stabilità. Machiavelli distingue tra la crudeltà "bene e male usata ". La prima sarebbe quella impiegata solo per stati di assoluta necessità per il bene dello stato e che si converte nella maggiore utilità possibile per i sudditi.  La seconda quella “male usata’ invece crescerebbe con il tempo anzichè cessare ed sarebbe compiuta per l' esclusivo vantaggio del tiranno.

-      I capitoli XII - XIV sono dedicati al problema delle milizie:  secondo Machiavelli l'uso degli eserciti mercenari, abituale nell' Italia del tempo, danneggerebbe lo Stato, perché essi combattendo solo per denaro sono infidi e pertanto costituiscono una delle cause principali della debolezza degli Stati italiani e delle pesanti sconfitte subite nelle recenti guerre. Quindi, per lui, la forza di uno Stato consisterebbe soprattutto nel poter contare su armi proprie , su un esercito composto dagli stessi cittadini in armi, che combattano per difendere i loro averi e la loro vita stessa.

-      I capitoli XV - XXIII trattano dei modi di comportarsi del principe con i sudditi e con gli amici. Machiavelli sostiene che poichè gli uomini sono malvagi, avidi, senza fede e violenti, il principe è costretto ad agire tra loro e non può seguire in tutto le leggi morali, ma dovrebbe imparare anche ad essere "non buono", dove le circostanze lo esigano. Nel capitolo XVIII, secondo Machiavelli il principe dovrebbe sapere essere, quando la situazione lo richiede, volpe e leone.  In caso di necessità il governante dovrebbe saper usare la “bestia”: il leone, che rappresenta la forza militare, l’impiego delle armi ed è fondamentale per ottenere il rispetto degli avversari e non venir sottomessi da altri, la volpe ovvero l’astuzia, la capacità di comprendere gli inganni e saper a propria volta raggirare il prossimo.  Consigli  questi che mostrano l’intento dell’opera machiavelliana:  abbandonare l’utopistica idea, tanto in voga dal medioevo in poi, di poter modellare il mondo a seconda di concetti morali e religiosi, di piegare la realtà a regole intellettuali e ideali; Machiavelli arriva, basandosi sulla conoscenza della natura umana, a indicare un approccio più concreto e disincantato agli eventi che consenta ai governanti di gestire il potere in maniera efficace ed energica.

-      Il Principe dovrebbe guardare al fine, che è vincere e mantenere lo Stato: i mezzi, se vincerà, saranno sempre considerati onorevoli.

-      Il capitolo XXIV esamina le cause per cui i principi italiani, nella crisi successiva al 1494 ( il crollo della libertà italiana ) hanno perso i loro Stati. La causa per lo scrittore sarebbe essenzialmente l' "ignavia" dei principi , che nei tempi quieti non avrebbero saputo prevedere la tempesta che si preparava e correre ai necessari ripari.

-      Di qui scaturisce l'argomento del capitolo XXV, il rapporto tra virtù e fortuna, cioè la capacità, che dovrebbe essere propria del politico, di porre argini alle variazioni della fortuna, paragonata a un fiume in piena che quando straripa allaga le campagne e devasta i raccolti e gli abitati .

-      L' ultimo capitolo , il XXVI , é un' appassionata esortazione ad un principe nuovo  accorto ed energico , che sappia porsi a capo del popolo italiano e liberare l' Italia dai barbari.

`

IV.   Domande di comprensione. Rispondete alle seguenti domande con frasi complete ed elaborate.

1.       Il Principe è un romanzo? Quando è stato scritto e quandi capitoli contiene?

2.       Che differenza c’è tra la crudeltà “male usata” e quella “bene usata”? Sei d’accordo con quello che dice Machiavelli?

3.       Cosa pensa Machiavelli degli eserciti mercenari?

4.       Perché il “principe” deve imparare ad essere “ non buono?

5.       Perché il “principe” deve somigliare ad una volpe e ad un leone?

6.       Quale deve essere l’interesse maggiore del “Principe” e cosa deve fare per difenderlo?

7.       Perché alcuni Stati erano in crisi al tempo di Machiavelli?

8.       Spiega a parole tue il rapporto tra virtù e fortuna.

9.       Cosa pensi di questa visione di Machiavelli?

 

V.     Scriviamo. Immagina di essere un uomo famoso (politico) del passato. Che cosa avreti fatto al suo posto. Scrivi un paragrafo usando il condizionale passato. Condividi quello che hai scritto con la classe.


Il Principe, cap. XXV

Nicolò Machiavelli

(Testo adattato all’Italiano moderno)

 

VI.   Leggi il seguente testo e completa le attività che seguono.

 

So che molti pensano che le cose del mondo siano governate dalla fortuna e da Dio e che gli uomini con la loro prudenza non possano correggerle, anzi che non ci sia alcun rimedio e per questo potrebbero [...] lasciarsi governare dalla sorte.  Nondimeno affinché il nostro libero arbitrio non sia spento, penso che sia vero che la fortuna è arbitra della metà delle azioni nostre, ma che anche lei ci lasci governare l’altra metà.  E assomiglia a uno di quei fiumi rovinosi che, quando s’adirano, allagano le pianure, rovinano gli alberi e gli edifici, sollevano da questa parte il terreno, e lo pongono da quell’altra: onuno fugge davanti a loro, ognuno cede al loro impeto senza potere in alcuna parte obstare. E benché siano questi i fatti, non resta che gli uomini, quando i tempi sono calmi, non possano fare provvedimenti e con ripari e argini, in modo che crescendo poi, o le acque dei fiumi andrebbano per un canale, o l’impeto non sarebbe così dannoso.

Similmente interviene la fortuna:  la quale dimostra la sua potenza dove non c’è una virtù che possa resisterle, e va proprio dove sa che non ci sono argini e ripari per trattenerla. E se voi considerate l’Italia, che è la sedia di queste variazioni e quella che ha dato loro il moto, vedrete che è una campagna senza argini e senza alcun riparo; perché se l’Italia fosse riparata dalla virtù di cui ha bisogno, come la Magna, la Spagna e la Francia, questa piena non avrebbe causato le grandi variazioni che ci sono state, grande che ha, o addirittura non sarebbe nemmeno venuta. [...]

 

[...] Quel principe che si appoggia tutto sulla fortuna, va in rovina appena la fortuna cambia. Credo ancora che sia felice quello che cambia il modo di agire a seconda dei tempi, ed in modo simile credo che sia infelice quello che agisce senza considerare i tempi.

[...] Di qui nasce quello ho detto, che due se operano in modo diverso, possono ottenere lo stesso risultato, ma se due persone operano in modo uguale, uno può raggiungere il suo scopo e l’altro no.

 

Da questo ancora depende la variazione del bene, perché, se uno governa con respetto e pazienza, e i tempi e le cose vanno in modo che il governo stia bene, questo viene apprezzato; ma se i tempi e le cose mutano, lui va in rovina perché non ha cambiato il suo modo gestire gli eventi .  Non si trova un uomo così che si sappia accomodare a questo; perché non si può deviare da quello a cui la natura lo inclina, anche perché, avendo sempre uno prosperato camminando per una via, non si può persuadere ad allontanarsi da quella. E però l’uomo rispettoso, quando è tempo di reagire agli eventi,  non lo sa fare; e quindi è la rovina: perché se si riuscisse a cambiare la natura as seconda dei tempi e delle cose, la fortuna non cambierebbe. [...]

 

[...] E si vede che ci si lascia piú vincere dagli eventi  quelli freddamente procedono. E però sempre, come donna, la fortuna è amica dei giovani, perché sono meno respettosi, piú feroci, e la comandano con piú audacia.


VII.       Domande di comprensione. Rispondete alle seguenti domande con frasi complete ed elaborate.

1.   Machiavelli paragona la fortuna ad un fiume in piena? Che cosa dovrebbero fare gli uomini per difendersi dalla fortuna e avere controllo della loro vita?

2.   Machiavelli dice che la Fortuna dimostra la sua potenza dove non c’è una virtù che possa resisterle.  Basandoti su quello che hai già studiate, che cosa vuole dire?

3.   Machiavelli come vede l’Italia?

4.   Il Principe può fidarsi della Fortuna? Come la deve gestire per avere successo?

5.   È giusto, secondo Machiavelli, che i capi di di due governi diversi usino lo stesso modo di governare? Che cosa devono prendere in consioderazione?

6.   Secondo Machiavelli, da quello che hai letto, esiste il “Principe” ideale? Perché sì/no?

 

VIII.     Scriviamo.  La descrizione del “Principe” può trovare applicazione al di fuori della politica? L’uomo normale può usare alcuni dei consigli di Machiavelli? E tu quale consoglio seguiresti?

Scrivi un paragrafo e poi condividilo con la classe.

 

 

 

 

Fonti:   Il testo originale può essere letto su: http://www.lastoria.org/progetto/index.htm

Machiavelli: http://www.letteratura.it/machiavelli/

Machiavelli: Opere http://www.lastoria.org/progetto/index.htm

Rapporto virtù fortuna: http://it.dada.net/freeweb/filo3000/index007.htm#n39

 



[1]  Questa visione si appone a quella del secolo precedente che vede la presenza nel mondo della provvidenza, intesa come disegno divino indirizzato consapevolmente a un fine.