Scritto nel 1975 in seguito alla
perdita di un figlio, Lettera ad un bambino mai nato è un libro di non
più di cento pagine, in cui Oriana Fallaci riesce a condensare il travaglio di
una donna di fronte ad una maternità inaspettata. È un libro complesso, del
quale il titolo suggerisce solo l'epilogo drammatico. Il lettore può esserne
ingannato, e aspettarsi fin dalle prime pagine di assistere allo sfogo
femminista di chi vuole far valere e imporre una posizione. In realtà non è
così. Il libro ha il pregio di trattare un tema spinoso come quello dell'aborto
lasciandolo però sullo sfondo, facendo emergere, invece, il tema centrale della
maternità, che si snoda attraverso il dialogo di una donna con il bimbo che
porta in grembo.
Seguendo questo filo conduttore,
come fosse un cordone ombelicale, si ricostruisce la vita, le paure e le gioie
di una donna, senza un volto e un nome preciso, incarnazione dei sentimenti di
chi come lei ha dovuto affrontare la scelta di essere madre. Accettare questo
ruolo non è semplice. Per una donna sola la scoperta di portare in grembo un
figlio può essere un ostacolo. È così anche per la protagonista, che inizia un
estenuante e doloroso monologo con il figlio — e soprattutto con se stessa —
alla ricerca di una risposta.
È così che si scontra con la
propria mente e soprattutto con il proprio cuore, che da subito la obbliga ad
una scelta: accettare un figlio e impegnarsi a crescere con lui. Tra i due si
instaura un legame particolare: da un lato ci sono affetto, amore, complicità,
e dall'altro i litigi, contrasti e rimpianti di due esseri distinti ma uniti in
un'unica persona. Ecco quindi la donna che si scopre madre nel seguire con la
mente ogni minuscolo cambiamento del proprio ventre e del figlio, come per
rendersi conto appieno della scelta fatta. Poi, subito dopo, la paura e la
richiesta d'aiuto per continuare a scegliere la vita alla morte: «Come faccio a
sapere che non sarebbe giusto buttarti via? […] darei tanto bambino perché tu
mi aiutassi con un cenno, un indizio». E il bimbo sceglie: non verrà mai al
mondo, lasciando che il rimorso e l'angoscia portino inconsapevolmente la madre
a seguire un destino altrettanto crudele, rinunciare alla propria esistenza.
Durante gli interminabili
dialoghi, Oriana Fallaci riesce a fare emergere la paura di una donna di fronte
alla propria vita e alla società. Attraverso altri protagonisti della sua
vicenda, la realtà quotidiana viene sminuzzata e rivissuta attraverso
l'ostilità del medico, la vigliaccheria del padre del bimbo, il femminismo dell'amica,
la comprensione dei genitori, il sostegno della dottoressa, e la superficialità
del datore di lavoro. Un intero mondo con cui confrontarsi. Ogni personaggio
incarna un pezzetto di una verità mai univoca, che non esita a minare la
certezza della scelta iniziale e a insinuare il dubbio.
Nel libro emerge così anche il
filone etico. Un'interminabile sequenza di domande che la protagonista
ossessivamente pone a se stessa: a quale scopo soffrire? Perché il diritto
all'esistenza di un essere appena abbozzato deve prevalere su chi è già vita? E
ancora, quando la vita è vita? Il libro di Oriana Fallaci non prende mai
posizione ed è questo il suo miglior pregio. Pur anticipato dal titolo,
l'attesa dell'esito finale crea suspense grazie alla capacità della scrittrice
di affrontare un tema moderno e scottante senza imporre una chiave di lettura.
Anzi, nel finale, la scrittrice sembra volere interrogare proprio il lettore.
Il nodo del libro infatti è il
processo che la donna, dopo avere perso per sempre il figlio, si trova ad
affrontare attraverso un sogno allucinato. Si trova proiettata all'interno di
un tribunale, dietro le sbarre di una gabbia, mentre la propria coscienza viene
processata. Tra i giudici, i sette protagonisti della sua vita e il figlio,
ormai adulto. È allora che le posizioni si ribaltano: è quest'ultimo adesso ad
avere tra le mani la vita della madre e a dovere emettere la sentenza.
A cura della Redazione
Virtuale
Milano, 21 maggio 2002
© Copyright 2002 italialibri.net, Milano - Vietata la riproduzione, anche
parziale, senza consenso di italialibri.net